L'appello ai potenti e l'impegno per la pace. "I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo"
Leone XIV ha già parlato più volte dopo l'elezione: si è colto - in parte - il suo orientamento. Ma l'omelia per l'inizio del suo ministero, nella Messa in piazza San Pietro, con tanto popolo, leader politici, rappresentanti delle «Chiese sorelle» e delle religioni, è un punto importante, perché collocata in un contesto liturgico. Mi torna in mente quanto, nel lontano 1958, disse di sé Giovanni XXIII: «E' dunque sull'altare che amiamo invitarvi a cercare sempre il Vescovo e il sacerdote...». Leone non ha dettato un programma, ma ha parlato dall'altare. Sono parole che vengono dalla fede («solo nell'amore di Dio - ha detto - potrai amare i tuoi fratelli...»). Sgorgano dall'altare: «tra il libro e il calice», disse Roncalli.
Questa prospettiva non porta a «chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati tutti a offrire al mondo l'amore di Dio». Infatti i dolori e le sfide del mondo sono sempre presenti nelle parole del nuovo Papa. Leone XIV si è così presentato: «Un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell'amore di Dio, che ci vuole uniti in un'unica famiglia»; non «un condottiere solitario o un capo posto sopra gli altri», ma un servitore dell'unità. Sente con urgenza «una Chiesa unita... fermento per un mondo riconciliato». Se unita, contribuirà a sanare un mondo in frammenti. La Chiesa (un miliardo e 400 milioni di fedeli) ha in sé tante diversità e può essere a rischio di frammentazioni: «E' un mondo» diceva uno storico.
La proposta del Papa è «fare insieme questa strada». Anche con tutti i cristiani, le religioni, gli «inquieti» cercatori di Dio, la gente di buona volontà, «per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace». Giorni fa il Papa ha lanciato un accorato appello, offrendo discretamente l'impegno vaticano: «I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile...».
L'unità è decisiva in un'omelia che è più di un programma, ma l'espressione di una fede e di una visione. C'è poi il tema dell'amore, «vera autorità» della Chiesa: «Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi di potere, ma si tratta di amare come ha fatto Gesù». Al di là delle polemiche, la Chiesa si fa più unita vivendo la sua missione, «chiamati a offrire a tutti l'amore di Dio, perché si realizzi l'unità che non annulla le differenze...». Così si raccoglie l'ondata di emozione alla morte di Francesco. Ma anche si rilancia la Chiesa su nuove frontiere. Molti hanno discusso sulla continuità o no di Leone con Bergoglio.
Il Papa, finita la Messa, ha detto commosso: «Ho sentito forte la presenza spirituale di papa Francesco, che dal cielo ci accompagna». La Chiesa è complessa: ogni Papa, per quanto originale, non improvvisa. Si muove tra l'antico e il nuovo, come ha detto Leone: tra «il ricco patrimonio della fede e la responsabilità di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini, alla sfide di oggi».
[ Andrea Riccardi ]